Incontrare una città


L’altra sera durante una cena è partita una discussione filosofica sul viaggio. Ognuno ha sempre la sua idea sul viaggiare, ognuno ha cose che piacciono e cose che meno. E meno male che è così: sai che noi altrimenti?!
Attorno a quel tavolo c’era chi sosteneva che si annoia a visitare una città, tolti monumenti e musei. Al contrario io amo visitare le città (e le cittadine, non faccio discriminazioni dimensionali!), senza avere una meta precisa, senza un elenco di cose “da vedere”. Anzi, io quasi odio gli elenchi di cose “da vedere”, quasi fosse necessario depennare un certo elenco di cose per dire di aver realmente visto una città o un’altra.
Poi, chiaro, quando scopro una città poi trovo dei luoghi del cuore che consiglio di vedere agli amici, o che ritengo (in cuor mio) “necessari” per comprendere quella città. Ma è più una cosa intima, una mia idea, più che un elenco di “must” imprescindibile.

Ma torniamo all’argomento centrale, la visita a una città. Sono un animale cittadino, per quanto ami boschi, mari e montagne e mi piaccia passarci qualche tempo, poi ho come un bisogno fisico di tornare nel mio elemento naturale, la giungla urbana. Mi ci sento a mio agio, anche se quella città non l’ho mai vista. So cosa devo fare per muovermi, mi rilasso. E parto all’esplorazione. 

ANATOMIA
Credo che il cuore pulsante di ogni città siano i mercati, mi piace girare e trovarli, girarci dentro, immaginare di fare la spesa per la cena oppure mangiare lì se il luogo lo permette. Si capisce molto di una città dai suoi mercati, dalla gente che li frequenta, dai prezzi, i prodotti e i profumi. Non mi stanco mai di questi luoghi.
Il mercato più bello fino ad ora: Porto, Mercado do Bolhao, grazie anche alla meraviglios Felipa e alle sue sardine grigliate! (in foto: io e Felipa a Porto)

Se i mercati sono il cuore della città, la testa sta nel centro storico. Cerco sempre di vederlo negli orari meno affollati, ma non solo perché anche la bolgia fa parte delle città. La paragono alla testa perché è l’organo che dà gli impulsi, che ragiona, che spiega le cose. Nel centro storico si impara la storia della città, il suo passato (e il rapporto col presente). Di solito è un po’ la vetrina della città, la parte più tirata a lucido.
Mi piace imparare la storia, però a volte mi sento soffocare, come intontita di fronte e troppi lustrini.
Il centro storico che più ho nell’anima: Łódź. Perché la Piotrokowska è molto più che solo lustrini, è uno stile di vita e io l’ho amata da subito. (in foto: Piotrokowska, la via pedonale di Łódź)

E allora ho bisogno di scappare verso altre zone, le prime che cerco sono i polmoni di ogni città (di cui ogni città ha bisogno): i parchi, ovviamente. Anche camminando nei parchi si può imparare molto di un luogo, perché non tutti i parchi sono simili. In Germania e in Polonia, per esempio, i parchi sono molto più “selvaggi”, nel Regno Unito al contrario sono super curati. Vivere un parco, respirarlo e scoprirlo, mi permette di sintonizzare il mio respiro con quello della città e capire anche il suo rapporto con i bambini, con i giochi e lo sport e con il verde. Esco sempre, da queste passeggiate, rigenerata.
Top dei parchi cittadini: la Cytadela di Poznan e i suoi amici scoiattoli, perché racchiude storia, arte, natura e pace. Ma da non trascurare The Town Moor aNewcastle (che dove altro le trovate le mucche al pascolo in città?) (in foto: il nostro amico scoiattolo in quel della Cytadela)

Di solito anche con molta fame! E allora via, verso lo stomaco! Mi piace scoprire ristoranti e locali fuori dai giri più turistici, spostandomi anche di molte zone rispetto al centro. A volte mi è capitato di trovare ristoranti senza un menù tradotto in una lingua che potessi comprendere, ho ordinato a caso (non ho allergie o idiosincrasie alimentari particolari) ed è lì che mi sono sentita più a contatto con il vero stomaco della città.
Altra regola è trovarsi sempre un pub, un caffè, un locale dove bere una birretta e ascoltare i discorsi dei locali. Uno di quei bar di zona, dove a una certa ora arrivano gli abitanti per scrollarsi di dosso il peso della giornata. Una meraviglia.
Consiglio di cuore per gli amanti del cibo: Firenze e un bel panino col lampredotto preso per strada (e poi alla birreria art. 17 per l’aperitivo e il dopo cena). (in foto: Cri che mangia il panino al lampredotto)

Ma veniamo ora agli arti periferici, gambe e braccia. Senza gambe e braccia le città non funzionano, ne hanno bisogno per essere pienamente efficienti. Sono le periferie. Le zone che non compaiono sulle carte turistiche. Di solito ci arrivo perché salgo su un autobus a caso e scendo quando mi piace / mi interessa quello che vedo fuori. Oppure perché Cri vuole vedere questo o quello stadio. Qui i lustrini sono un ricordo lontano, qui c’è la realtà dei fatti, la città pura e semplice.
Camminare per queste vie mi mette in contatto con l’anima della città, la sua essenza più vera al di là di luoghi comuni, banalità e – appunto – lustrini e vetrine.
Le periferie che più ho nel cuore: la zona di Penny Lane a Liverpool perché ci ho trovato l’essenza stessa dell’Inghilterra. Il quartiere gitano, intorno al museo archeologico, a Jerez de la Frontera perché mi ha gridato Andalucìa da ogni poro (in foto: i dintorni di Penny Lane)

MOMENTI
Credo che il momento che più amo per entrare in contatto con una città sia la mattina, presto. Soprattutto la domenica mattina. Quando ancora dorme, quando a tratti è solo mia. Vedere i bar ancora chiusi o che stanno aprendo, le strade vuote che si preparano all’assalto, la luce che piano piano scalda tutto, senza fretta, sono tutte cose che adoro e che non mi faccio mai mancare (anche grazie al fatto che io alle 7 sono sempre sveglia, a prescindere dall’ora che ho fatto la sera prima).
Il giro più bello in una città alla mattina: Il lungo Vistola a Cracovia il giorno della partenza, perché l’ho salutata e un po’ capita. Una domenica mattina per San Sebastian con i bar che stavano aprendo e la magia del sole che illuminava sempre più la Concha. (In foto: lungo la Vistola a Cracovia)

Un altro momento che adoro è quello dell’aperitivo, l’uscita dal lavoro, il rientro verso casa, l’incontro con gli amici. Quegli attimi per sé stessi che si cerca a fatica di ritagliarsi. Mi piacciono perché parlano della vita della città, dei suoi abitanti e delle loro abitudini.
L’aperitivo migliore fino ad ora: a Lucca alla Vinarkia, un’enoteca dal cuore alternativo. (in foto: Newport - Galles)

Commenti

  1. ti e' venuto dal cuore,hai capito tutto della vita.....le persone e le cose, gli ambienti che ne sono venuti come conseguenza obbligata,avanti cosi' appendice

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  2. ah!ecco perche' ho per screensaver latua foto di laghetto autunnale di berlino,e' scattata col cuore

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  3. Bella, bellissima questa tua analisi delle città analizzandole come se fossero un corpo umano. Il discorso sulle liste dei posti da vedere per forza si riallaccia un pochino a quello che faccio spesso pure io, ché qualcuno vado a visitarlo ma in base ai miei gusti e voglie e non in base a quello che comandano le guide. E mi ha fatto sorridere il tuo essere un "animale da città" perché è una conclusione a cui sono giunta pure io negli ultimi anni. Do la colpa al mio essere nata a Roma, che è una grossa città, ma chissà se è così...

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    Risposte
    1. Sì infatti i due discorsi si avvicinano molto.
      Sul discorso "animali da città" non so se ha a che fare solo con il dove si è nati, certo quello influisce, però credo sia anche qualcosa che uno ha dentro. Ci saranno senz'altro tante persone che sono nate in una città e il cui sogno è la campagna o simile.
      Io mi rendo conto che cerco il contatto con la natura, i boschi, le montagne, i piccoli paesini, però dura qualche giorno. Poi inizio a sentire la mancanza della città. E mi rendo conto che mi sento pienamente me sopratutto quando giro in città, è come se conoscessi benissimo l'ambiente anche senza aver mai visto quel luogo.

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    2. Un po' è così anche per me :)

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