Lasciare il cuore
Qualche giorno fa, in un gruppo di appassionati di viaggi che frequento su Facebook, si è aperta una gran discussione su un post che recitava più o meno così: "spesso di dice che si lascia il cuore in ogni posto che si visita, ma ci sono dei luoghi che non vi sono piaciuti/vi hanno deluso".
Tralasciamo le singole risposte che partono da esperienze e gusti personali e non sono pertanto giudicabili. Non credo ci siano città belle in assoluto o città orrende, il concetto stesso di bellezza è soggettivo e in ognuno di noi ha parametri diversi. Certo, un minimo di oggettività ci vorrebbe perché dire che Venezia è orrenda mi sembra un po' esagerato, tuttavia de gustibus non disputandum est.
Quello che emergeva con forza dal post e da alcuni commenti era il concetto forte di lasciare il cuore, come qualcosa di negativo, come se chi prova questo sentimento nei vari viaggi che fa fosse sbagliato, non profondo, addirittura si legge che ci lascia il cuore è uno che viaggia pochino.
E torniamo al concetto iniziale, ognuno vive le proprie emozioni diversamente. E detto tra noi il dire "ho lasciato il cuore" è un modo di dire, una frase fatta che esprime bene un concetto di trasporto, di capacità di un luogo di emozionarci. Quindi attaccarsi alla semantica per ridicolizzare la frase mi sembra abbastanza fanciullesco (come quando ci si attacca all'etimologia della parola matrimonio per negare i diritti a qualcuno).
Ci sono vari livelli in cui si può lasciare il cuore in un luogo. E il mio cuore riesce a dividersi in abbastanza parti per abbracciarle tutte.
Per esempio un pezzettino di me sarà sempre su una panchina di Manobrier a contemplare l'oceano e sentire la carezza del vento.
Il mio cuoricino è sempre in Rue Montorgueil a Parigi, con i polli che girano sullo spiedo, l'odore di croissant la mattina e le bancarelle di fiori.
Ma è anche in una fredda mattina a NYC, quando alle 6.30 sono uscita fuori dal portone in pigiama e cappotto per fumare una sigaretta e ho visto l'homeless che toglieva il cartone da davanti la casa di fronte, uno scoiattolo che zompettava tra gli alberi della via, la ragazza del bar vicino che iniziava ad aprire e qualche lavoratore che si apprestava a scendere in metropolitana: uno spaccato della grande mela che ho così vivido negli occhi e nel cuore che sarà sempre la mia immagine di lei.
Detto questo NYC non è tra le mie città preferite. E Parigi, cotta giovanile, ora non è più nel podio delle mie preferite (nonostante resti in ottima posizione). Ma pezzetti del mio cuore sono sparsi ovunque.
Sicuramente so che ho una visione parziale e personale: girovago per queste città in vacanza, con uno spirito allegro, felice e pronto alla scoperta e alla meraviglia. Ovvio che non sia come camminare veloci ogni mattina a Milano... Ma il mio cuore a Milano ci sarà sempre, molto più di un pezzettino.
Tralasciamo le singole risposte che partono da esperienze e gusti personali e non sono pertanto giudicabili. Non credo ci siano città belle in assoluto o città orrende, il concetto stesso di bellezza è soggettivo e in ognuno di noi ha parametri diversi. Certo, un minimo di oggettività ci vorrebbe perché dire che Venezia è orrenda mi sembra un po' esagerato, tuttavia de gustibus non disputandum est.
Quello che emergeva con forza dal post e da alcuni commenti era il concetto forte di lasciare il cuore, come qualcosa di negativo, come se chi prova questo sentimento nei vari viaggi che fa fosse sbagliato, non profondo, addirittura si legge che ci lascia il cuore è uno che viaggia pochino.
E torniamo al concetto iniziale, ognuno vive le proprie emozioni diversamente. E detto tra noi il dire "ho lasciato il cuore" è un modo di dire, una frase fatta che esprime bene un concetto di trasporto, di capacità di un luogo di emozionarci. Quindi attaccarsi alla semantica per ridicolizzare la frase mi sembra abbastanza fanciullesco (come quando ci si attacca all'etimologia della parola matrimonio per negare i diritti a qualcuno).
Ci sono vari livelli in cui si può lasciare il cuore in un luogo. E il mio cuore riesce a dividersi in abbastanza parti per abbracciarle tutte.
Per esempio un pezzettino di me sarà sempre su una panchina di Manobrier a contemplare l'oceano e sentire la carezza del vento.
Il mio cuoricino è sempre in Rue Montorgueil a Parigi, con i polli che girano sullo spiedo, l'odore di croissant la mattina e le bancarelle di fiori.
Ma è anche in una fredda mattina a NYC, quando alle 6.30 sono uscita fuori dal portone in pigiama e cappotto per fumare una sigaretta e ho visto l'homeless che toglieva il cartone da davanti la casa di fronte, uno scoiattolo che zompettava tra gli alberi della via, la ragazza del bar vicino che iniziava ad aprire e qualche lavoratore che si apprestava a scendere in metropolitana: uno spaccato della grande mela che ho così vivido negli occhi e nel cuore che sarà sempre la mia immagine di lei.
Detto questo NYC non è tra le mie città preferite. E Parigi, cotta giovanile, ora non è più nel podio delle mie preferite (nonostante resti in ottima posizione). Ma pezzetti del mio cuore sono sparsi ovunque.
Sicuramente so che ho una visione parziale e personale: girovago per queste città in vacanza, con uno spirito allegro, felice e pronto alla scoperta e alla meraviglia. Ovvio che non sia come camminare veloci ogni mattina a Milano... Ma il mio cuore a Milano ci sarà sempre, molto più di un pezzettino.
Io ormai sono una "pollicino" costante: ho seminato il cuore in un bel po' di posti :-)
RispondiEliminaTi capisco! L'ultimo pezzo l'ho seminato tra gli Albert Docks e la zona di Penny Lane!😍
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