Teoria della classe disagiata
Questo libro è stata un'occasione persa.
Avevo grandi aspettative su questo libro, lo pensavo interessante oltre che utile a comprendere il momento attuale di una generazione, la mia.
In realtà, al termine della lettura (anzi, dell'ascolto), devo constatare che è stato un'occasione mancata.
In "Teoria della classe disagiata" si rivedono molte teorie economiche, in una sorta di bigino di facile comprensione per i più (e fin qui niente di male, il libro tende ad essere divulgativo, non specializzato), senza eccessi in spiegazioni difficoltose e con chiara volontà di far capire i funzionamenti macro-economici e le diverse teorie (da Adami Smith a Keynes, da Ricardo a Marx) a tutti.
Non ci sarebbe niente di male se non fosse che questa teoria della classe disagiata io non l'ho colta, non ho trovato nulla di originale, solo la continua riproposizione di vecchie teorie cercando un po' di adattarle all'oggi.
Dal libro poi viene fuori un quadro della classe disagiata come di una massa di inetti snob che mangiano cultura come fosse un panino di fast food, incapaci di guadagnarsi una vita e pronti solo a lagnarsi della situazione.
La classe disagiata secondo lo scrittore è semplicemente quella medio-borghese tra i 20 e i 30 anni che fatica a trovare un posto nel mondo e che passa la vita a farsi selfie sperando di diventare stelle di un qualche mondo immaginario.
Speravo che questo libro parlasse seriamente dei problemi della mia generazione. La prima ad essere più povera della precedente più o meno nell'ultimo secolo.
Una generazione a cui sono state fatte molte promesse nell'infanzia, una generazione che aveva il diritto di sperare in un futuro migliore rispetto alla base di partenza (perché così era stato per i suoi nonni, per i suoi genitori, ecc) e invece si è ritrovata immischiata in crisi economiche, precarizzazione del lavoro, incertezza del futuro.
E così: addio posto fisso, addio possibilità di costruirsi un futuro stabile (addio casa, addio prole, ecc) con tutto ciò che a livello sociale e psicologico tutto questo si porta dietro.
E questa vale per tutte le "classi" di partenza, dal figlio di operai al medio/alto borghese.
Una generazione di cui si dovrebbe parlare di più, che si dovrebbe cercare di studiare e capire meglio, togliendosi gli occhiali del passato perché si sta confrontando con questo presente in cui le logiche del passato non si possono più applicare.
Mi innervosisco molto quando sento qualcuno dell'età dei miei genitori o anche più vecchio pontificare circa il fatto che dovremmo comprarci casa, che alla nostra età loro erano già genitori, ecc.
Al di là delle scelte individuali, bisognerebbe chiedersi cosa freni un'intera generazione dal "diventare adulta". Cos'è? Siamo tutti deficienti? Siamo tutti bamboccioni? Non sarà che forse non è così semplice pensare di farsi una famiglia mentre si fa i rider per uno qualsiasi dei siti di consegna a domicilio (e cara grazia che quello si trova) o mentre si passa da un lavoro all'altro, con contratti di 6 mesi / un anno?
Una generazione che viene troppo spesso giudicata senza averla guardata nel profondo. Una generazione varia e variegata quanto varie e variegate sono le forme contrattuali presenti oggi nel mercato del lavoro. Una generazione che ha il diritto anche di essere un po' arrabbiata se, avendo studiato da medico si trova a passare le giornate in sella a un bici per un salario che dire misero è poco. Non è questione di fare i preziosi, è questione di volere giustamente vedere valutate le proprie competenze. Ed è questione di soldi buttati da parte di uno Stato che ha sprecato risorse ad istruirci per poi avere una massa di sotto-occupati che avrebbero dovuto costare molto meno.
Insomma, il libro mi ha delusa perché tutti questi temi non li ha affrontati, se non di striscio e solo con una certa dose di giudizio dall'alto al basso, riducendo tutta una generazione ad una massa di stupidi idioti senza arte né parte.
Un ultimo appunto va a chi ha scelto la voce narrante, totalmente inadatta al tipo di libro. Monocorde, orrendo da sentire parlare in inglese, ha reso l'esperienza di ascolto ancora peggiore.
Teoria della classe disagiata (R. Ventura)
Ed. Minimum Fax
p. 262 - euro 16,00
(audiolibro: ed. Storyside - narratore M. Zampetti - durata7h 23 minuti)
consigliato a chi: sinceramente non riesco a consigliarlo a nessuno perché non ho trovato nulla di piacevole in questa lettura.
Avevo grandi aspettative su questo libro, lo pensavo interessante oltre che utile a comprendere il momento attuale di una generazione, la mia.
In realtà, al termine della lettura (anzi, dell'ascolto), devo constatare che è stato un'occasione mancata.
In "Teoria della classe disagiata" si rivedono molte teorie economiche, in una sorta di bigino di facile comprensione per i più (e fin qui niente di male, il libro tende ad essere divulgativo, non specializzato), senza eccessi in spiegazioni difficoltose e con chiara volontà di far capire i funzionamenti macro-economici e le diverse teorie (da Adami Smith a Keynes, da Ricardo a Marx) a tutti.
Non ci sarebbe niente di male se non fosse che questa teoria della classe disagiata io non l'ho colta, non ho trovato nulla di originale, solo la continua riproposizione di vecchie teorie cercando un po' di adattarle all'oggi.
Dal libro poi viene fuori un quadro della classe disagiata come di una massa di inetti snob che mangiano cultura come fosse un panino di fast food, incapaci di guadagnarsi una vita e pronti solo a lagnarsi della situazione.
La classe disagiata secondo lo scrittore è semplicemente quella medio-borghese tra i 20 e i 30 anni che fatica a trovare un posto nel mondo e che passa la vita a farsi selfie sperando di diventare stelle di un qualche mondo immaginario.
Speravo che questo libro parlasse seriamente dei problemi della mia generazione. La prima ad essere più povera della precedente più o meno nell'ultimo secolo.
Una generazione a cui sono state fatte molte promesse nell'infanzia, una generazione che aveva il diritto di sperare in un futuro migliore rispetto alla base di partenza (perché così era stato per i suoi nonni, per i suoi genitori, ecc) e invece si è ritrovata immischiata in crisi economiche, precarizzazione del lavoro, incertezza del futuro.
E così: addio posto fisso, addio possibilità di costruirsi un futuro stabile (addio casa, addio prole, ecc) con tutto ciò che a livello sociale e psicologico tutto questo si porta dietro.
E questa vale per tutte le "classi" di partenza, dal figlio di operai al medio/alto borghese.
Una generazione di cui si dovrebbe parlare di più, che si dovrebbe cercare di studiare e capire meglio, togliendosi gli occhiali del passato perché si sta confrontando con questo presente in cui le logiche del passato non si possono più applicare.
Mi innervosisco molto quando sento qualcuno dell'età dei miei genitori o anche più vecchio pontificare circa il fatto che dovremmo comprarci casa, che alla nostra età loro erano già genitori, ecc.
Al di là delle scelte individuali, bisognerebbe chiedersi cosa freni un'intera generazione dal "diventare adulta". Cos'è? Siamo tutti deficienti? Siamo tutti bamboccioni? Non sarà che forse non è così semplice pensare di farsi una famiglia mentre si fa i rider per uno qualsiasi dei siti di consegna a domicilio (e cara grazia che quello si trova) o mentre si passa da un lavoro all'altro, con contratti di 6 mesi / un anno?
Una generazione che viene troppo spesso giudicata senza averla guardata nel profondo. Una generazione varia e variegata quanto varie e variegate sono le forme contrattuali presenti oggi nel mercato del lavoro. Una generazione che ha il diritto anche di essere un po' arrabbiata se, avendo studiato da medico si trova a passare le giornate in sella a un bici per un salario che dire misero è poco. Non è questione di fare i preziosi, è questione di volere giustamente vedere valutate le proprie competenze. Ed è questione di soldi buttati da parte di uno Stato che ha sprecato risorse ad istruirci per poi avere una massa di sotto-occupati che avrebbero dovuto costare molto meno.
Insomma, il libro mi ha delusa perché tutti questi temi non li ha affrontati, se non di striscio e solo con una certa dose di giudizio dall'alto al basso, riducendo tutta una generazione ad una massa di stupidi idioti senza arte né parte.
Un ultimo appunto va a chi ha scelto la voce narrante, totalmente inadatta al tipo di libro. Monocorde, orrendo da sentire parlare in inglese, ha reso l'esperienza di ascolto ancora peggiore.
Teoria della classe disagiata (R. Ventura)
Ed. Minimum Fax
p. 262 - euro 16,00
(audiolibro: ed. Storyside - narratore M. Zampetti - durata7h 23 minuti)
consigliato a chi: sinceramente non riesco a consigliarlo a nessuno perché non ho trovato nulla di piacevole in questa lettura.
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