Metrò Milano

Avevo molte aspettative su questo libro che mi ha regalato mio cugino per Natale, forse perché uno dei miei primi amori letterari è stato Zazie nel metrò, che ha fatto crescere in me l'amore incondizionato per Parigi e la sua metropolitana.
In realtà Metrò Milano di Paolo Melissi non ha nulla a che fare con Queneau e incarna, in molte sua parti, molte cose che odio di chi cerca di descrivere Milano. Specie se non milanese.
Possibile che si debba per forza raccontare la città come qualcosa di triste, un incrocio continuo di umanità allo sbando, sole, scontrose o pazze, solitudini che camminano come zombie. Perché?
Ovvio che in una città solitudini e gente incazzata ci siano, il lunedì mattina alle 7 mentre ti rechi al lavoro facilmente non avrai lo sguardo sorridente. Ma Milano - e tutte le città - sono anche altro. Hanno anche altro.
Invece quando vado ad una mostra fotografica o leggo libri di questo genere inizio a credere che la mia città sia una sola grande periferia degradata, un non luogo dove degrado, tristezza, paranoia e scontrosità si incontrano ogni giorno sotto lo sguardo atterrito di chi arriva da fuori. E in questo fuori ci sono solo colore, solarità, simpatia e umanità bella e pronta ad aiutarsi gli uni con gli altri. In un continuo essere a casa in ogni luogo e volersi bene.

Ma anche no.

Ma anche no alla critica allo sciuro milanese che rimprovera la zingara napoletana perché si accende una sigaretta in un vagone della verde.
Ma anche no al mischiare tag e scritte varie, che imbrattano e rendono metro e luoghi pubblici più brutti, alla street art in senso stretto e a certi capolavori (che in qualsiasi città del mondo non stanno sui treni della metro).
Ma anche no al biasimare lo sciuro che odia i giocatori di tre carte, veri e propri truffatori di poveri sciocchi.
Ma anche no il continuo perpetrare del luogo comune che a Milano si corre e si lavora e basta, che non c'è il cielo azzurro, che non esiste il sole, ecc ecc.
Il libro, per me, è stato un continuo di ma anche no. E pure di un bel po' di arrabbiature.

La psicogeografia la conosco e la amo alla follia. Monina con il suo peregrinare in giro per le Capitali di mezza Europa me l'ha fatta amare. Ma con lui tanti altri come Coen (che racconta la Mosca di oggi a bordo dell'auto di Putin), oppure Bryson e il suo girovagare per il Regno Unito per finire con il Gopnik di Da Parigi alla Luna, capolavoro.
E mi stuzzicava non poco l'idea di vedere, finalmente, la psicogeografia abbinata alla mia Milano. E così forse si spiega la mia perplessità, il mio restarci male, dopo aver letto questo libro.

Non sono indulgente con Milano e non lo sono con i milanesi (autoctoni o di approdo che siano), però Milano è anche bella. Fatta di gente bella, che si tira su le maniche ma si diverte anche. Che sa cosa vuol dire solidarietà e lotta (non per niente è Medaglia d'Oro della Resistenza). Che conosce gli ultimi e per quanto possibile li ingloba. Poi certo. In una città ci sono tante solitudini, si fa presto a restare indietro. Ma questo vale per ogni grande città del Mondo, in egual misura. Non è tratto distintivo di Milano. Come non lo è il non sorridersi in metropolitana pur non essendo sintomo di maleducazione o tignosità. Semplicemente siamo un po' riservati e un po' ci piace prima studiare bene la persona con cui abbiamo a che fare. Selettivi, per certi versi. Ma mai cattivi.
Milano è un sacco di cose, a volte in questo spazio l'ho raccontata. Almeno la Milano che bazzico io e che mi piace raccontare. Questo libro non le rende giustizia. Per nulla.



Metrò Milano - P. Melissi
Ed. Hysttorica
p. 148 - euro 13,50

Consigliato a chi: come faccio a consigliarlo dopo averlo stroncato? Comunque mi piacerebbe che i milanesi lo leggessero e mi dessero un parare. 


Commenti

  1. io credo che il libro avrebbe dovuto chiamarsi milano metrò vista da napoli...... noi polentoni siamo fatti in un certo modo che spaventa o può spaventare chi arriva da fuori, è vero che corriamo, che non ci sorridiamo, ma aiutiamo chi non può correre e gli cediamo il passo o il posto con inglese distacco; quanto al sole : ne abbiamo molto di più di stoccolma e molto meno di asmara, basta abituarsi: io,per esempio, patisco le giornate troppo belle perchè i capelli non mi stanno a posto.......i ragazzi del terzo piano, tutt'e3 napoletani, il primo anno hanno faticato a disciplinarsi sia in università che nel condominio, poi hanno capito la direzione del fumo e non se ne vogliono più andare.....per concludere; viva le diversità

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