#ComeProust: di confini abbattuti

Ho tra le mani l’articolo di quel contadino belga che ha spostato il confine con la Francia per passare meglio col trattore sul suo campo. E rido molto. 


I confini sono la mia passione. Quando organizzo un viaggio cerco sempre di capire se sarà possibile visitare qualche frontiera, qualche confine. 

I confini spesso sono qualcosa di quasi solido e tangibile, li vedi arrivare: sbarre, controlli oppure montagne e fiumi che segnano i confini naturali. 

Altre volte invece passano e quasi non ci si accorge di loro, come se fossero solo qualcosa di immaginario, nella testa degli uomini e nelle cartine, più che nel mondo reale. 

Però poi, a ben guardare, non è mai così. I confini ci sono e bisogna anche saperli cullare. 


A me piacerebbe molto un mondo senza barriere, dove la libertà di viaggiare, muoversi e spostarsi fosse garantita al 100% anche se mi rendo conto essere utopia. Mi piacerebbe molto un mondo così perché vorrebbe dire avere un mondo mischiato, pieno di zone di confine dove tutto è possibile e la commistione è totale. 


Questo sono i confini per me: zone di cambiamento, zone di commistione, di unioni che creano cose molto belle e molto buone. Purtroppo sono spesso anche luoghi di lacrime, di dolore. 


E questo è un altro dei motivi per cui li cerco, perché il mondo va capito anche attraverso i suoi dolori (anche quelli che sembrano essere scomparsi). Solo se li affrontiamo, li capiamo e cerchiamo il modo di superarli - insieme - saranno dolori passati e a qualcosa saranno serviti: ci avranno resi migliori. 


Uno dei miei libri di viaggio preferiti è TransEuropa Express: un viaggio lungo un confine durissimo, lungo e difficile, che racconta però storie molto dolci, intense. Racconta di come la vita si insinua in mezzo a sbarre e timbri sul passaporto. 


Un viaggio così, avessi mezzi e tempo, mi piacerebbe moltissimo. Per ora mi accontento dei piccoli viaggi di confine che riesco a concedermi e ripenso ai miei confini preferiti, quelli che più mi hanno messa di fronte a me stessa, mi hanno insegnato qualcosa e mi hanno aperti il cuore. 


ITALIA - AUSTRIA - un confine che non c’è più


Ho ricordi di quel confine, di quando ero bambina e da San Candido andavamo in Austria (per fare gite e per riempire il serbatoio). I controlli, il mio passaporto, i documenti che i miei dovevano lasciare ai nonni perché potessero espatriare con me al seguito. 

Era tangibile e sembrava una beffa da quelle parti, considerando che molte persone dovevano percorrere quella strada ogni giorno per lavorare o studiare. 

Quello è un punto dove quando passi da una parte all’altra del confine quasi non sembra di aver affrontato un cambiamento. I cambiamenti iniziano prima delle barriere imposte, lenti e inesorabili. E piano piano si degrada verso l’altrove. 

Poi un giorno arrivammo lì e restavano solo le vestigia di un passato facilmente accantonato. Niente più controlli, niente più code. Un territorio tornato quasi uno, l’Europa che acquista il suo senso massimo. In fondo LA LIBERTÁ. 


Un confine che attendevo - EIRE/NI


Ci sono luoghi simbolo più di altri, luoghi che acquistano un significato profondo e che raccontano la Storia. 

Quando sono atterrata a Belfast sapevo che per rientrare in Italia avrei superato uno di questi luoghi e l’attendevo. 

Per quattro giorni mi sono immersa nella Storia nord irlandese, l’ho sentita sotto pelle, ho pianto e riso tra le strade di Belfast e Derry/Londonderry. La mia mente spesso rincorreva i ricordi del viaggio nella Repubblica d’Irlanda, respiravo differenze, ascoltavo voglia di somiglianza. Quella terra non è facile e non lo sarà mai ma ha fatto passi da gigante in un tempo relativamente breve, come breve è stato il secolo scorso. Ha affrontato dolori immensi e ora riesce a vivere in un equilibrio che pensavamo solido ma scopriamo - grazie Brexit! - fragilissimo. 

Quando io, su un pullman, ho passato il confine me ne sono accorta solo per il cambio di colore dei cartelli e di unità di misura. Non c’è più niente a dirti che stai lasciando un Paese per un altro. Nulla tranne quello che sai esserci stato prima e allora ecco che quel colore diverso nei cartelli e quella facilità di passaggio significano il mondo. 


Città divise in due - GERMANIA/POLONIA


L’avete capito, i confini troppo facili mi interessano poco. Il confine tra Germania e Polonia è un confine molto difficile. Nella storia è cambiato tantissime volte, spostandosi più verso est o ritirandosi più verso ovest. Girando in Polonia capita spesso di ricercare tracce prussiane o russe, indagare nella cucina, nei nomi, nella Storia, per vedere da che parte stava nei secoli passati. Oggi si è sempre, indiscutibilmente, in Polonia: una terra che ha una Storia grandissima anche se è stata “Polonia” poco tempo. Ma l’animo dei polacchi è forte, tenace. E lo si sente ovunque. 

Poi ci sono città divise. Quando viaggiavo per la Sassonia e ho scoperto Görlitz / Zgorzelec non potevo proprio lasciarmi scappare l’occasione. Come sempre non sono rimasta delusa e in quei giorni di soggiorno ho pensato tantissimo. 

Da un parte una città tedesca, ex Germania est (e lo si vede dai tram che girano per la città), perfettamente sistemata, tenuta in un ordine quasi maniacale, bellissima. 

Poi c’è il fiume e dall’altra parte si è in Polonia. Niente ad indicare il cambiamento, nulla che lo possa suggerire. Però superato quel ponte tante cose cambiano. Di qui si è in Polonia, all’estremo confine. Alcune case sgarrupate, ristoranti bellissimi, tipici che offrono ottimo cibo in quantità. Più selvaggia, più lasciata a se stessa. C’è qualcosa di molto malinconico in Polonia, una malinconia che ho ritrovato in Portogallo: la malinconia delle terre agli estremi. La Polonia in realtà è in mezzo a tutto (e forse a volte lo è stato anche troppo, suo malgrado) ma la si vive come qualcosa di estremo, qualcosa di dimenticato. Come se questo continuo tira e molla durato secoli ora non avesse più tutto quel senso e allora si lascia lì quel pezzetto di terra, importa a pochi. Credo che lei, da un lato, stia meglio così, piano piano si sta ricostruendo, senza fretta e senza scempi (se non quelli che ha dovuto subire). Ed è bella così, se stessa, inconfondibilmente. Una terra che ho amato moltissimo.


  


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