Sul concetto di famiglia - DNA e altre sciocchezze

Ci sono dei momenti della vita che ti costringono a ripensare a ciò che ti circonda. E mentre ripensi è inevitabile che qualcosa, dentro di te cambi. Ci sono attimi, situazioni, che ti impongono un cambiamento. A volte è piacevole, altre invece fa male, strazia ed è come sentirsi staccare la pelle dalle ossa.

Di solito io amo i cambiamenti, le fasi di mutazione. Quegli attimi in cui ti rendi conto che ti stai evolvendo, stai crescendo. Perché in fondo è vero, ad ogni cambiamento e mutazione corrisponde un miglioramento, una crescita. Anche se magari il miglioramento lo capiremo solo dopo.

Però a volte fa male. Fa male perché tocca corde talmente profonde che pizzicarle fa cambiare poi tutto. Fino al senso più profondo che abbiamo dato al nostro essere. Al nostro vivere. Ci sono situazioni che cerchiamo di mantenere ferme, per evitare che ci scombussolino troppo. Che magari già ci hanno fatto male ma che crediamo sopite, sistemate. Annientate. Invece poi ritornano. Perché alla fine non si può lasciare niente di incompiuto e i rami secchi, anche se ci siamo affezionati, vanno recisi. Non c'è verso. E' inutile cercare di far finta, di non vedere. Le cose vanno affrontate. Di petto.

Sto leggendo in questi giorni romanzi ambientati in Irlanda, in ambienti popolari. Storie di famiglie incasinate. Con padri alcolizzati e madri che cercano in ogni modo di far andare bene le cose, che sopportano e alla fine quasi si sentono sollevate se restano sole. Donne forti, in gamba, che lottano e non si danno per vinte. E uomini deboli, senza spina dorsale che bevono il sussidio con il quale dovrebbero dar da mangiare ai figli.

E alla fine tutto è chiaro. Le donne sono il solo e vero motore del mondo e della famiglia, il mio non è un proclama femminista. Non crediate. Adoro gli uomini. Però è innegabile che la spina dorsale sia cosa di donne. Che con la schiena dritta combattono tutte le battaglie che la vita ci mette davanti. Senza lamentarsi, senza tante storie. Vanno avanti giorno dopo giorno.

Ed è così. Che poi la famiglia. Che concetto astratto. Ed oggi lo è più che mai. Non credo più nel DNA, ho bisogno di non crederci. Credo molto nell'ambiente in cui si cresce, nei valori che le persone che ti allevano, ti trasmettono. Nel bene che queste persone ti vogliono.
E questa è famiglia. Esserci sempre, gli uni per gli altri. Nel BENE e nel MALE. Ridere insieme e piangere insieme. Essere famiglia vuol dire che se c'è un problema la prima persona che chiamo sei tu. E che se mi capita una cosa bella ho voglia di condividerla con te.

E poi ci sono gli amici, gli amici veri, quelli che conti sulle dita di una mano. Che in fondo sono molto più famiglia di certa famiglia di sangue, di DNA. Sono più vicini, più veri.
Ci sono, sempre. E io per loro

A queste persone dedico ogni giorno della mia vita. A queste persone dico grazie per starmi accanto, per le carezze e gli schiaffi. Per il sostegno e i vaffanculo. 

Gli altri, iniziano a scorrere e non li distinguo più. Piano piano diventano estranei. Si allontano e se ne vanno. E ora fa male, come se qualcosa dentro fosse rotto. Ma poi si aggiusterà. Anche grazie alla famiglia, quella vera. E allora un giorno non ci sarà più dolore.

Commenti

  1. il dolore è parte della vita, è ciò che ci fa apprezzare la gioia, la serenità, gli attimi di felicità, si deve viverlo con speranza e compassione.ciao appendice

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  2. lo so nonna, lo so. E lo passo e ci passo attraverso. Ma, come sempre, ho bisogno di scrivere le emozioni per elaborarle. E sputare fuori un po' di veleno.

    Meno male che ci sei tu. Vicino a me, da tutta la vita

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