Il labirinto degli spiriti
Nell'introduzione a Il labirinto degli spiriti (di Juliàn Carax) c'è una frase che dice:
[...] e poi la speranza che ogni creatore di racconti si porta dentro: che il lettore abbia aperto il cuore a qualcuna delle sue creature di carta e le abbia dato qualcosa di se stesso per renderla immortale, sia pure per pochi minuti.
Posso assicurare a Julian (e a Carlos) che nel mio caso sono andati molto oltre a questo.
I personaggi dei libri mi entrano nell’anima. Pagina dopo pagina è sempre più difficile staccarmi da loro, farli uscire dalla mia testa, dalla mia pelle.
Con Zafón mi succede più che con altri. E con il suo ultimo romanzo ancora di più.
Forse perché le protagoniste sono soprattutto le donne, grandi donne forti ricche di fragilità. Perché una donna è tanto più forte quanto riesce a vivere appieno le sue fragilità e sputarle in faccia al mondo.
[...] e poi la speranza che ogni creatore di racconti si porta dentro: che il lettore abbia aperto il cuore a qualcuna delle sue creature di carta e le abbia dato qualcosa di se stesso per renderla immortale, sia pure per pochi minuti.
Posso assicurare a Julian (e a Carlos) che nel mio caso sono andati molto oltre a questo.
I personaggi dei libri mi entrano nell’anima. Pagina dopo pagina è sempre più difficile staccarmi da loro, farli uscire dalla mia testa, dalla mia pelle.
Con Zafón mi succede più che con altri. E con il suo ultimo romanzo ancora di più.
Forse perché le protagoniste sono soprattutto le donne, grandi donne forti ricche di fragilità. Perché una donna è tanto più forte quanto riesce a vivere appieno le sue fragilità e sputarle in faccia al mondo.
Ad ogni attacco di Alicia (e nella sua disperata ricerca di se stessa), nella pragmaticità di Bea (e nella sua strenua difesa della famiglia e degli affetti) o
tra le righe del quaderno di Isabella (nel suo spirito battagliero, per se stessa e i suoi amori) mi sentivo trasportare in un vortice
sempre più profondo. E vivevo
il loro dolore, la loro sofferenza e i dilemmi della loro anima come fossero
miei. E ora non so come fare per riuscire a togliermi questi personaggi da
dentro. Ma forse è semplicemente impossibile perché in fondo sono ormai parte
di me.
Lo sono da quel lontano giorno del 2006 (o 2007) in cui
un’amica – consapevole del mio amore per la Spagna – mi regalò il suo primo
libro (o meglio, il primo che abbia letto): L’ombra del vento. Da allora (molti
libri dopo) Fermín, Daniel e tutta la famiglia Sempere sono stati amici e
compagni di viaggio molte volte.
Questo romanzo tira molte fila, ricostruisce molti
passaggi lasciati in sospeso negli altri libri e probabilmente (purtroppo) segna l’ultima volta
che avremo a che fare con le avventure del Cimitero dei Libri Dimenticati.
Tutta la serie del Cimitero ha il pregio di saper ricostruire una pagina drammatica della storia spagnola (ed europea), affrontandola con sincerità, verità e schiettezza. Non è una pagina facile. Per uno spagnolo è difficilissimo addentrarsi negli anfratti bui di quella storia – troppo recente e troppo dolorosa. Ancora troppe cose sono sotto il tappeto e si è cercato di andare oltre senza volerle affrontare del tutto.
[...] quel mondo che avevo immaginato di ricordare, adesso giaceva smantellato in una scenografia profumata e piena di tappeti per i turisti e per quelle brave persone amiche del sole e della spiaggia che, per quanto guardassero, si rifiutavano di vedere il tramonto di un'epoca la quale, più che crollare, si era disfatta in un velo di polvere che ancora si respira nell'aria.
Zafón riesce molto bene a parlarne, facendoci credere di leggere un romanzo di azione, un giallo noir a tinte a volte fantascientifiche.
Tutta la serie del Cimitero ha il pregio di saper ricostruire una pagina drammatica della storia spagnola (ed europea), affrontandola con sincerità, verità e schiettezza. Non è una pagina facile. Per uno spagnolo è difficilissimo addentrarsi negli anfratti bui di quella storia – troppo recente e troppo dolorosa. Ancora troppe cose sono sotto il tappeto e si è cercato di andare oltre senza volerle affrontare del tutto.
[...] quel mondo che avevo immaginato di ricordare, adesso giaceva smantellato in una scenografia profumata e piena di tappeti per i turisti e per quelle brave persone amiche del sole e della spiaggia che, per quanto guardassero, si rifiutavano di vedere il tramonto di un'epoca la quale, più che crollare, si era disfatta in un velo di polvere che ancora si respira nell'aria.
Zafón riesce molto bene a parlarne, facendoci credere di leggere un romanzo di azione, un giallo noir a tinte a volte fantascientifiche.
A volte l’uomo può generare mostri che l’immaginazione neanche
riesce a pensare.
Un grazie, ora, va a tutte le Isabella che lottano per l’amore
anche contro se stesse. Ai Fermín che non si stancano mai di fare gli angeli
custodi anche se hanno un grande dolore dentro (come dice lui stesso: Nulla che
valga la pena in questa vita è facile). E ai Daniel e ai Fernandito la cui
ingenuità viene spezzata troppo in fretta dalla vita ma riescono a tenere botta.
Vorrei chiudere con alcune parole di Donna Isabella
Sempere.
Nessuno che abbia vissuto una guerra a occhi aperti può
ancora credere che le persone siano migliori di qualunque altro animale.
Nessuno sopravvive a una guerra civile con un pizzico
di dignità di cui vantarsi
Non c’erano ginocchia tremanti, ma non ce n’era nemmeno
il bisogno. Non si può vivere tutta la vita come se si avessero ancora sedici
anni. […] Come sarebbe bella la vita se fossimo capaci di amare chi lo merita.
Ed. Mondadori - p. 815
23 Euro
Consigliato a chi: Ovviamente agli appassionati della serie (che credo lo abbiano già sul comodino). Ma anche a chi vuole avvicinarsi a lui per la prima volta. A chi ama la Spagna (e Barcellona in particolare). A chi ama i noir, le ambientazioni oscure e i misteri ingarbugliati.
Commenti
Posta un commento